Lipoatrofia idiopatica localizzata involutiva in tre lattanti.
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Come citare
Abstract
La lipoatrofia idiopatica localizzata involutiva (LILI) è una lipoatrofia non frequente, acquisita, caratteristica del bambino: è stata individuata per la prima volta da Peters e Winkelmann e così denominata da Dahl et Al. (1). È caratterizzata clinicamente da una depressione cutanea asintomatica, di solito monolaterale, localizzata, dovuta a perdita del tessuto sottocutaneo. La cute sovrastante è depigmentata senza segni di infiammazione o di sclerosi; la sede più frequente è la regione glutea, seguita da braccia e cosce; bambini e giovani donne sono più frequentemente colpiti (1). Lesioni multiple e interessamento dei maschi sono meno frequenti, anche se tutti i nostri tre casi sono maschi. La maggior parte dei casi regredisce spontaneamente in pochi mesi o talora in anni.
L’esame istologico mostra nel sottocutaneo piccoli adipociti immersi in un connettivo ialino con molti capillari e scarso o del tutto assente infiltrato infiammatorio. L’immunoistochimica mostra la presenza di macrofagi CD68+. Questi ultimi sono attualmente ritenuti responsabili della lipoatrofia localizzata attraverso la secrezione di varie citochine come il fattore di crescita trasformante beta, il fattore di crescita di derivazione piastrinica, l’interleuchina-1 e il fattore di necrosi tumorale alfa (3).
Prima di diagnosticare LILI bisogna escludere la sindrome lipodistrofica familiare, la morfea, il lupus profondo, l’HIV e la responsabilità di fattori locali come traumi, ascessi, iniezioni sottocutanee o intramuscolari di steroidi, vaccini, insulina antibiotici, ferro, metotrexato, glatiramer, ecc. Corticosteroidi, tacrolimus e idrossiclorochina possono essere somministrati nel tentativo di arrestare la progressione della malattia (2).
Limiti dell’attuale lavoro sono la mancanza di una validazione istologica della diagnosi e l’inesistenza di un follow-up che documenti la regressione spontanea della malattia.